Recensione
Nella primavera del 1974 una delegazione di intellettuali francesi parte per la Cina. Comprende alcuni membri della rivista «Tel Quel», allora in pieno morbillo maoista, e il suo professor Roland Barthes. Durante questo periplo l'eminente semiologo tenne un diario di viaggio, fino a oggi inedito.
Cos'ha visto in Cina questo intellettuale circospetto, attento alle minuzie dei segni e al piacere del testo?
In tre settimane, Barthes beve molto tè e trangugia molto dogmatismo. Fin dai primi giorni, il suo radar semiologico si è attivato. Vorrebbe postulare che esiste una differenza cinese, ma non ne percepisce un disegno preciso. Il suo sguardo scivola su superfici di acciaio rifilato, su volti enigmatici, su paesaggi senza storia: "La Cina significa poco". Barthes, indulgente alle sbronze ideologiche di Tel Quel, vorrebbe credere che è la felicità maoista a rendere i cinesi sereni e impassibili, mentre tutto indica che a tenerli buoni è la polizia.