Recensione
Ivan Franceschini, L'Unità.it – Appunti cinesi, 11/05/2011

Recensione

Negli ultimi giorni ha fatto parecchio discutere la vicenda della rimozione della statua di Confucio dal piazzale antistante la facciata nord del Museo nazionale, a pochi passi da Tiananmen. Inaugurata con gran fanfara lo scorso gennaio – un gesto che il mondo intero ha interpretato come un segnale che la leadership cinese era pronta a distaccarsi definitivamente dal “Maoismo” per riabbracciare le radici tradizionali della Cina confuciana”– la statua è stata inaspettatamente rimossa il 21 aprile, prima che sorgesse il sole.

Ciò ha scatenato una nuova ondata di speculazioni sull'andamento del dibattito ideologico ai vertici del Partito, così come sulle lotte intestine tra le correnti riformista e conservatrice in vista del ricambio della leadership previsto per il 2012. Che qualcuno “in alto” si sia offeso per la presenza di una statua del saggio a così poca distanza dal ritratto e dal mausoleo del grande timoniere? Che la scomparsa rappresenti l'ennesima conferma di un rafforzamento delle correnti “Maoiste” all'interno del Partito? Simili dietrologie sono indubbiamente giustificate, se pensiamo che ad oggi non sono molte le vicende che ci permettono di gettare uno sguardo dietro le mura di Zhongnanhai e che in un passato non troppo lontano gesti del genere inevitabilmente anticipavano il lancio di imponenti campagne politiche.

Ma qual è il significato di Confucio e del cosiddetto “confucianesimo” nella Cina di oggi? Per una curiosa coincidenza, lo stesso giorno in cui la statua scompariva, l'editore O barra O faceva uscire nelle librerie un volume intitolato Confucio, re senza corona, curato da Silvia Pozzi. Si tratta di una pubblicazione che raccoglie cinque contributi originali scritti per l'occasione da specialisti italiani, accompagnandoli ad alcuni materiali di riferimento tradotti direttamente dal cinese. Ciò permette al lettore di inquadrare Confucio non solo nella sua dimensione storica, ma anche e soprattutto in relazione alla contemporaneità. Come Silvia Pozzi scrive nel suo saggio introduttivo – significativamente intitolato “Ad ogni epoca il suo Confucio” – gli interrogativi a cui è necessario rispondere sono molteplici: “Possiamo ben dire che Confucio, questo re senza corona (suwang ??), sia più che presente nell'immaginario cinese, ma chi è Confucio oggi: un vuoto contenitore, un utile veicolo di messaggi rassicuranti o un oggetto di distrazione? Quanti “Confucio” sono esistiti, quanti ne esistono e ne esisteranno?”

Ecco dunque che una serie di specialisti di primo piano ci offrono alcune personali risposte, da Alessandra Lavagnino, che nella prefazione ci illustra in pochissime parole i fondamenti del pensiero confuciano e l'importanza di Confucio nell'attualità, alla stessa curatrice, che ci espone il Confucio storico, o quel poco che ne rimane, sottolineandone la fondamentale ambiguità. Elisa Sabattini traccia una panoramica del ruolo della musica nei Dialoghi e in testi “confuciani” successivi, mentre Amina Crisma ricostruisce un percorso storico tra le varie interpretazioni della figura di Confucio in Occidente. Valeria Varriano conclude il libro raccontando il successo di Yu Dan, esegeta televisiva dei Dialoghi che nel 2006 ha portato all'attenzione del grande pubblico cinese la modernità del pensiero di Confucio. A questi contributi originali si affiancano poi materiali tradotti direttamente dal cinese, quali la biografia di Confucio compresa nelle Memorie di uno storico di Sima Qian, un paio di scritti di Lu Xun e un commento finale del rettore della Liaoning Normal University.

Particolarmente interessanti per le loro implicazioni per il dibattito sulla contemporaneità sono i saggi di Amina Crisma e Valeria Varriano. Nel tentativo di rispondere alla domanda “chi è per noi Confucio?”, Amina Crisma si propone di smontare il mito della monoliticità del pensiero confuciano. Nel farlo non solo sottolinea le sfumature e la ricchezza di interpretazioni, anche contrastanti, che ne sono state date in Occidente in questi ultimi secoli, ma anche descrive uno dei dibattiti filosofici fondamentali emersi in Cina dopo la morte del Maestro, quello in merito alla bontà o alla malvagità della natura umana su cui a suo tempo si è soffermato un altro specialista italiano d'eccezione, Maurizio Scarpari. Lo straordinario viaggio nella storia dell'esegesi confuciana tracciato da Amina Crisma ci porta sulle tracce di percorsi meno conosciuti delle interpretazioni del pensiero confuciano che si sono di volta in volta affermate nel mondo, dall'epoca dei lumi ad oggi. Il tutto a partire dal presupposto che “ciò che oggi chiediamo interpellando Confucio è, in sostanza, di offrirci la possibilità di gettare un rinnovato sguardo sulla nostra condizione umana, e di aiutarci a rispondere alla domanda fondamentale, così antica e tuttavia sempre così pregnante e attuale, intorno a ciò che costituisce le forme e i contenuti della nostra umanità.”

Uno dei luoghi comuni che Amina Crisma cerca di smontare è quello dell'enfasi del pensiero confuciano sugli ideali di armonia e obbedienza, “quella rappresentazione del magistero confuciano come etica essenzialmente conformistica, che prescriverebbe unicamente e pressoché ossessivamente l'adesione alle convenzioni vigenti e all'ordine costituito”. Per smontare questo luogo comune, la Crisma racconta come nel pensiero confuciano il suddito leale, accanto all'obbligo “d'obbedienza”, abbia anche il dovere “della rimostranza”. In un passo dei Dialoghi infatti si legge che, rispondendo ad una domanda di un suo discepolo sulla maniera più adeguata di servire un sovrano, Confucio avrebbe risposto: "“Non lo ingannerai, e dunque a lui anche ti opporrai".” Non solo: poco più di un secolo dopo la morte di Confucio, Mencio, uno dei grandi “perpetuatori” del pensiero confuciano, si sarebbe spinto fino ad affermare la legittimità del regicidio nei confronti di un sovrano inumano ed empio, un atto che a suo dire si configurava come niente più che “l'esecuzione di un uomo comune”. Come la Crisma non manca di sottolineare, si tratta di affermazioni cariche di significato, soprattutto se riferite all'attualità cinese.

In una maniera in qualche modo complementare rispetto all'analisi di Amina Crisma, Valeria Varriano si sofferma invece sulla dimensione “popolare” dell'interpretazione moderna di Confucio, e lo fa ricostruendo le radici dello straordinario successo televisivo ed editoriale ottenuto da Yu Dan nel 2006 con la sua esegesi del pensiero confuciano. Nonostante all'epoca non fosse altro che una sconosciuta professoressa di mass media e comunicazione in un'università della capitale, Yu Dan è riuscita a conquistare decine di milioni di spettatori (prima) e lettori (poi) con le sue interpretazioni “non ortodosse” dei Dialoghi alla luce della vita quotidiana nella Cina di oggi. Valeria Varriano esamina questo fenomeno da un punto di vista critico e si lancia in un'originale digressione sulla storia dell'iconografia confuciana. Di particolare interesse sono infine alcune convergenze, rinvenute dall'autrice del capitolo, tra il messaggio promosso da Yu Dan e la retorica della “società armoniosa” di Hu Jintao e del Partito. Per citare le sue parole: “Confucio risponde in TV alle domande del nostro presente, consigliando di seguire una parola d'ordine che risuona sulla stampa cinese in maniera ossessiva: costruire l'armoniosa società socialista. […] Capire il senso del messaggio di Hu Jintao diventa, nelle parole di Yu Dan, la via per arrivare a un livello di comprensione simile a quello di Confucio.”

Con Confucio che sempre più sta diventando un simbolo del soft power cinese nel mondo, simili riflessioni sono più che benvenute, soprattutto quando offrono al lettore nuove prospettive da cui interpretare l'attualità. Fin troppo spesso leggiamo di “società armoniosa”, “armonia socialista”, “valori asiatici”, “rinascita confuciana” e non ci rendiamo conto del processo di rielaborazione/manipolazione culturale che sta alle spalle di questi concetti. Se la vicenda della statua scomparsa ci insegna qualcosa, questo è proprio che quando si parla di Confucio nulla può essere dato per scontato.