Recensione
Roberto Tofani, Diario - Memoria, 14/02/2009

Incontro con Rithy Panh, il regista della memoria

Il clima è molto caldo a Phnom Penh e non solo perché siamo nel mezzo della stagione monsonica. Il 27 luglio, si sono tenute le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale, l'organo legislativo del Paese. Le accuse di brogli lanciate all'indomani del voto da Sam Rainsy, leader del partito omonimo all'opposizione, nei confronti di quello di maggioranza, Cambodian People's Party (CPP), del primo ministro Hun Sen, in carica dal 1985, non hanno fatto altro che alimentare la tensione in un Paese dagli equilibri molto delicati.Raggiungere il numero 64 della strada 200, dove si trova il Bophana Center, è compito abbastanza agevole, sebbene moti ‘driver' non conoscano la numerazione stradale, ma si orientino in base ai punti più importanti della capitale: i mercati e il monumento dell'Indipendenza. Okhnia Mén street unisce le trafficate e centralissime Norodom e Monivong Boulevard. E' qui, lontano dal caos dei motori, dai palazzi dei grandi Brand e di Organizzazioni Internazionali che nasce il Centro. Le linee moderne dell'edificio si nascondono tra le più tradizionali case in stile francese, legate tra loro dalla fitta ragnatela dei cavi elettrici.Ad attendermi, il regista Rithy Panh e l'amico Maurizio Gatti, editore di ObarraO.Pensato agli inizi dei primi anni novanta del secolo scorso, Bophana Center è un centro di ricerca audiovisiva, fondata dallo stesso Panh grazie al contributo di due associazioni: una francese, AADAC (Association d'aide au développement de l'audiovisuel au Cambodge) e l'altra cambogiana ARPAA (Association pour la recherche, la production et l'archivage des documents audiovisuels).“Il Centro nasce per salvaguardare tutto il materiale filmico e audiovisivo del Paese”, spiega Panh.Mentre mi tolgo le scarpe, come si è soliti fare in gran parte delle abitazioni asiatiche, Panh e alcuni dei suoi giovani collaboratori ci ricevono calorosamente in quello che più che un luogo di lavoro sembra la casa di Rithy e dei suoi fratelli minori. Mentre saliamo al primo di quattro piani, il mio sguardo è attratto dal dipinto di una donna, dai suoi occhi luminosi e fieri. E' un quadro del pittore Vann Nath, uno dei sette sopravvissuti del centro di detenzione di Tuol Sleng, conosciuto come S-21. Noto per aver raffigurato anche le torture e la vita quotidiana del carcere, Nath è uno dei protagonisti del film documentario ‘S-21: The Khmer Rouge Killing Machine', diretto da Panh e premiato nel 2003 a Cannes. La donna dipinta, invece, è Bophana, “un'insegnante, un esempio di resistenza, un'eroina”, uccisa a Tuol Sleng, insieme ad altri quattordicimila tra donne, uomini e bambini. “Un eroe – spiega Rithy - non è solo una persona che non ha paura di combattere, di uccidere e morire, ma anche una persona che sa resistere, che sa dare qualcosa di meraviglioso all'Umanità. In molti casi gli eroi sono persone che vivono nell'ombra, che non parlano, ma continuano a resistere”. Rithy si sofferma per un attimo a riflettere. Forse i suoi pensieri vanno ai suoi genitori, uccisi durante quei “3 anni 8 mesi e 20 giorni”, quando i Khmer rossi si resero responsabili della morte di oltre due milioni di persone. Forse, ricorda i tre anni trascorsi in un campo di prigionia durante l'adolescenza. Un incubo terminato con la fuga nel 1979 in Thailandia e una nuova vita in Francia, dove Panh è diventato un regista.“Per me, Bophana è un'eroina Khmer”, mi dice placidamente.Bophana è un'eroina, la cui figura va protetta, ricordata. E' proprio questa la funzione del Centro: “preservare la memoria della Cambogia. Non si può ricostruire il Paese senza ri-creare una memoria, una cultura, basi di una propria identità”.Mentre camminiamo tra le stanze di produzione e montaggio, Maurizio è seduto tra una decina di ragazzi in una delle postazioni dove ognuno, liberamente e gratuitamente, può vedere tutto il materiale fino ad ora trasferito in digitale. Vecchi notiziari, documentari girati dal Re-padre Norodom Sihanouk, filmati di propaganda della Kampuchea Democratica, fino ad arrivare alla fiction moderna e alle opere dello stesso Panh.Il Centro è anche un camposcuola per giovani aspiranti registi, operatori e tecnici. “Durante le riprese di ‘Un Barrage contre le Pacifique' – film tratto dal romanzo omonimo di Margherite Duras - per sei mesi, abbiamo impiegato nella troupe anche giovani alla loro prima esperienza. Alla fine delle riprese, li abbiamo consigliati e sostenuti nell'investire quanto guadagnato in progetti che coinvolgessero le loro famiglie e preservassero l'ambiente. Esempi semplici ma concreti, come avviare allevamenti di bestiame o piantare degli alberi”.Ma la Cambogia di oggi ha bisogno anche di intellettuali. “Questo Paese - spiega Rithy contraendo i suoi occhi - è pieno di giovani, figli degli anni post-genocidio. La mia generazione ha subito grandi perdite: oggi ci sono pochi artisti, pochi scrittori, pochi registi. E' pertanto necessario prendersi cura della generazione attuale, altrimenti, tra pochi anni, saremo costretti ad affrontare nuovi e più seri problemi”.